Shiva. Foto dell'Autrice Anakapalle, Andhra Pradesh, 2016 |
SHIVA E DIONISO
L’analogia tra i due dèi
risiede essenzialmente nell’anelito spirituale che celebra l'aspetto divino
degli istinti naturali dell'uomo e la profonda comunione condivisa dall'animale
umano con la vita selvaggia e l'intero cosmo. Dioniso e Shiva sono dèi della vegetazione,
protettori di animali ed alberi, vivono nelle foreste e nelle montagne in modo
austero ed essenziale, nudi o abbigliati della sola pelle di animali selvatici,
poiché essi sono manifestazioni del Riconoscimento
della vera Natura dell’essere.
Sono dunque ambedue "immagini archetipiche della vita indistruttibile", personificazioni di quell'energia vitale conosciuta dai greci come Zoe: il soffio vitale del mondo a cui la morte non si può contrapporre, poiché a morire sono le singole vite e non la Vita in sé. Questa energia vitale indistruttibile è convenzionalmente rappresentata da simboli associati ad entrambi i culti, come il Toro, il Fallo (o Lingam nel caso di Shiva) e il Serpente, che identificano entrambe le divinità come personificazioni del principio maschile ascendente. Ma sia Shiva che Dioniso sono anche giovani divinità androgine, eterni adolescenti con caratteristiche maschili e femminili, spiriti di energia giocosa, distruttiva e trasformativa che li rivela come divinità ambivalenti, mutevoli, che esprimono paradosso, ambiguità e coincidenza di opposti come essenza ultima di quello stato divino in cui le dualità vengono meno.
Sono dunque ambedue "immagini archetipiche della vita indistruttibile", personificazioni di quell'energia vitale conosciuta dai greci come Zoe: il soffio vitale del mondo a cui la morte non si può contrapporre, poiché a morire sono le singole vite e non la Vita in sé. Questa energia vitale indistruttibile è convenzionalmente rappresentata da simboli associati ad entrambi i culti, come il Toro, il Fallo (o Lingam nel caso di Shiva) e il Serpente, che identificano entrambe le divinità come personificazioni del principio maschile ascendente. Ma sia Shiva che Dioniso sono anche giovani divinità androgine, eterni adolescenti con caratteristiche maschili e femminili, spiriti di energia giocosa, distruttiva e trasformativa che li rivela come divinità ambivalenti, mutevoli, che esprimono paradosso, ambiguità e coincidenza di opposti come essenza ultima di quello stato divino in cui le dualità vengono meno.
SHIVA IN INDIA: IL
SIGNORE DELLO YOGA
In India Shiva, talvolta
adorato come Bhairav, è il nome attribuito alla Coscienza. Laddove egli viene
rappresentato come Rudra (“l’Urlatore”) egli incarna, analogamente ad altre
divinità terrifiche dell’India Tradizionale, la distruzione della persona, che non è “la distruzione” nel senso dell’immaginario
occidentale bensì è il venir meno di ogni
immaginario ed appropriazione relativo alla persona stessa.
Per tale motivo Shiva è il Grande Yogin poiché lo Yoga, nel senso Tradizionale, è proprio questa Arte della Distruzione di cui le cosiddette “scuole”, oggi tanto diffuse in Occidente, non sono purtroppo che una mera parodia.
Per tale motivo Shiva è il Grande Yogin poiché lo Yoga, nel senso Tradizionale, è proprio questa Arte della Distruzione di cui le cosiddette “scuole”, oggi tanto diffuse in Occidente, non sono purtroppo che una mera parodia.
Secondo lo Shivaismo del
Kashmir, la corrente più metafisica, raffinata ed evoluta di questa devozione “la
Coscienza, il silenzio, è simboleggiato come maschile, mentre la sua
espressione nello spazio-tempo, lo spazio-tempo stesso, è simboleggiato come
femminile.
Il mascolino è la verità ultima, il principio metafisico. Il femminile è la sua espressione. La via tantrica è l’arte della reintegrazione cosciente del principio manifesto, dell’energia, nel suo principio. E’ una scoperta, un ritorno a sé stessi, e non un compimento.”
Si tratta di vie interiori e di dissolvimento di tutti gli immaginari personali di riuscita e successo, dove la vita diviene esperienza vissuta nell’istante come Assoluta Celebrazione.
Il mascolino è la verità ultima, il principio metafisico. Il femminile è la sua espressione. La via tantrica è l’arte della reintegrazione cosciente del principio manifesto, dell’energia, nel suo principio. E’ una scoperta, un ritorno a sé stessi, e non un compimento.”
Si tratta di vie interiori e di dissolvimento di tutti gli immaginari personali di riuscita e successo, dove la vita diviene esperienza vissuta nell’istante come Assoluta Celebrazione.
E’ questa sensibilità estetica ed estatica che di contro è
stata spesso tralasciata da molti occidentali affascinati dal cosiddetto Tantrismo;
praticanti spesso focalizzati solo sui suoi aspetti trasgressivi (la
sessualità, l’uso di droghe, la ritualità..) mal compresi ed utilizzati solo
per un’ulteriore affermazione di sé e dei propri immaginari.
Dioniso dal Larario della Dea Iside Mirionima opera di Massimo Livadiotti Roma, 2017 |
Shiva-Dioniso è dunque,
come Bhairava (“Il Terrifico”) Signore del Silenzio e del venir meno della
coscienza ordinaria dello stato di veglia, poiché entrambe le pratiche cultuali
(costituite principalmente da rituali di iniziazione) ruotano intorno
all'esperienza estatica raggiunta attraverso questo dimenticarsi.
Dioniso è infatti conosciuto come il "dio della danza", "il rumoroso" e "dio del vino" (che era comunemente mescolato con erbe diverse per "portare alla luce gli dèi e gli spiriti ancestrali"). Veniva celebrato con "estatiche esperienze di gruppo, con balli, costumi, musica, vino e percezione trascendente nella natura", spesso includendo un approccio molto aperto alla sessualità, come evidenziato nella pittura vascolare e nei riferimenti letterari.
Questo ci sottolinea che l'antico concetto della celebrazione dionisiaca, orgazein, originariamente significava "celebrazioni di Zoe", cioè evocazione dell’espressione fisica dell'energia vitale che anima l’anima, che si rivelava anche come Eros o come l'entusiasmo della danza, la cui manifestazione durante i riti era invocata (e provocata) come un segno della presenza del dio stesso tra i suoi seguaci. Tali pratiche lo associano facilmente a Shiva, che è spesso raffigurato con uno strumento a percussione (damaru) ed è comunemente associato al bhang (bevanda fatta con la canapa indiana) e alla pratica del Tantrismo.
Dioniso è infatti conosciuto come il "dio della danza", "il rumoroso" e "dio del vino" (che era comunemente mescolato con erbe diverse per "portare alla luce gli dèi e gli spiriti ancestrali"). Veniva celebrato con "estatiche esperienze di gruppo, con balli, costumi, musica, vino e percezione trascendente nella natura", spesso includendo un approccio molto aperto alla sessualità, come evidenziato nella pittura vascolare e nei riferimenti letterari.
Questo ci sottolinea che l'antico concetto della celebrazione dionisiaca, orgazein, originariamente significava "celebrazioni di Zoe", cioè evocazione dell’espressione fisica dell'energia vitale che anima l’anima, che si rivelava anche come Eros o come l'entusiasmo della danza, la cui manifestazione durante i riti era invocata (e provocata) come un segno della presenza del dio stesso tra i suoi seguaci. Tali pratiche lo associano facilmente a Shiva, che è spesso raffigurato con uno strumento a percussione (damaru) ed è comunemente associato al bhang (bevanda fatta con la canapa indiana) e alla pratica del Tantrismo.
La pratica di queste
"sentiero dell’estasi" spesso induce Shiva e Dioniso ad essere
accusati di trasmettere i segreti della saggezza ai poveri e agli umili, poiché
possono essere praticati indipendentemente dal livello di conoscenza o dalla
posizione sociale. Quindi la saggezza profonda, che è possibile acquisire
attraverso l'esperienza estatica e consistente nella realizzazione della
profonda interconnessione di Tutto, è teoricamente disponibile per tutti.
Questo è il motivo per cui sia Shiva che Dioniso sono conosciuti come "dèi
liberatori" e "guaritori", garantendo la salvezza dall'ignoranza
e la liberazione dall'angoscia e dalla paura.
Un buon esempio di questo potere liberatore è l'immagine della Danza di Shiva, dove il dio è raffigurato in equilibrio su un demone nano il cui nome si traduce come "demone smemorato e ignorante", dunque l’Ego che conferisce la percezione illusoria di un’individualità.
Un buon esempio di questo potere liberatore è l'immagine della Danza di Shiva, dove il dio è raffigurato in equilibrio su un demone nano il cui nome si traduce come "demone smemorato e ignorante", dunque l’Ego che conferisce la percezione illusoria di un’individualità.
I seguaci di Shiva e
Dioniso sono conosciuti nelle culture indiane e greche come contraddistinti
dalle stesse caratteristiche dei due dèi: giocosità, gioia di vivere, la contiguità con il mondo animale e l'armonia
con la natura, ma soprattutto l’abbandono fiducioso al Dio trascendendo
qualsiasi elemento illusorio di un’intenzionalità individuale. In Grecia, il
poeta Esiodo descrive i seguaci di Dioniso come "gioiosi vagabondi del
paradiso, ballerini, musicisti, acrobati, burloni pratici e pigri.” Analogamente
lo yogin è definito come camatkartā:
colui che è capace di una meraviglia tale da rapirlo alla dimensione ordinaria. Il vero Yogin non èuna caricatura assorta in pose meditative bislacche ma è l'essere senza memoria, capace di divenire totalmente uno
con l'esperienza, perché è totalmente presente, totalmente imbevuto da essa:
non c'è differenza, nessuna distanza tra il colui che gioisce e ciò di cui
viene gioito.
Da un punto di vista
sociale, Shiva e Dioniso, sono considerati protettori di coloro che non
appartengono più interiormente alla
società convenzionale, ma soprattutto coloro che non sono più identificati nelle
proprie azioni.
La loro essenza come divinità
dell’arte della non-identificazione
tende a creare un forte contrasto con la religione conformista, esteriore,
istituzionale e finalizzata alla divinizzazione delle leggi create dall'uomo,
basata sulla conformità civica e la repressione degli istinti naturali. Questo
è il caso sia della religione olimpica (nel caso di Dioniso) che del credo ariano-vedico
(nel caso di Shiva), che tendono a collocare questi "dèi ribelli" al
di fuori del loro pantheon ufficiale oppure, come nel caso dello Shivaismo,
nella reintegrazione del culto secondo modalità e pratiche non osteggiate dall’élite
brahmanica.
LA RELIGIONE DELL’ETÀ
DEI CONFLITTI
Il ricomparire e i
diffondersi del Culto di Shiva-Dioniso è ritenuta essere una caratteristica di
quei periodi in cui, dopo una fase di repressione, l’umanità percepisce di aver
perso la consapevolezza della propria profonda interconnessione con la Natura e
il Cosmo e ritorna spontaneamente a quelle credenze e pratiche in grado di
rinnovare questo sentire.
Per l’antico testo Linga
Purana (5°- 10° secolo d.C.) questa tendenza sembrerebbe essere confermata anche
in relazione all’attuale periodo storico, spessa identificato con l'ultima fase
di ciò che gli indù chiamano Kali Yuga, o Era dei Conflitti:
"Alla
fine del Kali Yuga, il dio Shiva sembrerà ristabilire la giusta via in forma
segreta e nascosta "(1.40.12).
Da questo punto di vista
onorare Dioniso e Shiva potrebbe essere una di queste "forme archetipiche
segrete e nascoste" che
ricostituiscono il legame con un antichissimo flusso di conoscenza, seme di una "età
dell’oro del futuro dell'umanità".
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Le citazioni sono tratte dal testo “Shiva e Dioniso” di Alain
Danielou e da appunti dei satsang di E. Baret, esponente moderno della scuola del Kashmir